Sovrappeso, obesità e altri disturbi collegati (diabete, malattie metaboliche, ateriosclerosi, ipertensione) sono in crescita costante in Italia: oltre alla sedentarietà, gli errori alimentari ne sono naturalmente la causa più rilevante. Alcuni di questi errori riguardano la dimensione delle porzioni, a volte decisamente eccessiva, altre volte troppo ridotta.
Spesso non si valuta correttamente la densità energetica dei cibi, ovvero il quantitativo di calorie che apportano rapportato al loro volume (la misurazione standard si effettua solitamente su 100 g di alimento). Maggiore è la densità, più calorie si assorbono consumando una determinata quantità di cibo.
Una recente ricerca svolta presso la Pennsylvania State University ha dimostrato che si tende a ingerire ogni giorno circa lo stesso volume di cibo, pertanto se si consumano soprattutto cibi ad alto contenuto calorico si assorbiranno moltissime calorie, probabilmente più di quante non si riesca a smaltirne. La conseguenza è (in assenza di disfunzioni ormonali) l’accumulo di queste calorie in eccesso sotto forma di grassi.
Come si valuta la densità energetica?
Il fattore che influenza maggiormente la densità energetica è la presenza d’acqua. Più un cibo è ricco d’acqua, meno calorie contiene (in media). In effetti, tra i cibi secchi troviamo delle vere e proprie bombe caloriche, come biscotti, frutta secca e salumi; d’altra parte, frutta e verdura sono cibi piuttosto acquosi e quindi in genere ipocalorici.
Un altro importante elemento di valutazione è la ripartizione dei macronutrienti, ossia delle sostanze nutritive fondamentali che si trovano negli alimenti: carboidrati, grassi, e proteine. I grassi apportano circa 9 kcal per grammo, mentre proteine e carboidrati arrivano a circa 4 kcal. I cibi molto grassi tendono quindi ad essere piuttosto “densi” di energia, mentre quelli glucidici (a prevalenza di carboidrati) o proteici lo sono meno.
Porzioni e appetibilità
Dal momento che stiamo ragionando sul volume dei cibi, è opportuno ricordare che si tende a mangiare quantità superiori dei cibi più appetibili, a prescindere dalla loro composizione. Pertanto, anche alcuni cibi glucidici (come il pane) possono diventare ipercalorici, dato che se ne consumano facilmente grandi quantità.
Al contrario, esistono alimenti anche altamente energetici che però difficilmente consumiamo in grande quantità, perché sono poco appetibili oppure estremamente sapidi: si pensi ad esempio ad alcuni formaggi stagionati.
Porzioni ed “economia”
La quantità, nella percezione di molti consumatori, è più importante della qualità. In effetti, è un parametro più immediatamente valutabile, basta un semplice rapporto prezzo/peso o prezzo/volume, ma non è detto che una maggiore quantità di cibo sia automaticamente più nutriente; probabilmente però è più calorica, e questo non è un bene.
Alcuni tipi di ristoranti (come i fast food, ma anche le nostre pizzerie) giocano su questa percezione errata per trarne vantaggi commerciali: aumentando il dosaggio di ingredienti economici illudono i clienti di aver fatto un affare, mentre in realtà gli propinano pasti ipercalorici e poveri dal punto di vista qualitativo (la qualità non è a buon mercato). Qualcuno fa affari, ma non è il cliente.
L’esempio più tipico in Italia è la pizza: molti pizzaioli servono pizze enormi, condite con quantità spropositate di formaggio fuso di bassa qualità (probabilmente gonfiato con polifosfati). Farina, acqua e formaggi di questo tipo costano poco, e la dimensione delle pizze fa credere ai clienti di aver speso bene i propri soldi, incrementando il giro d’affari.
Occhio alla confezione
I cibi confezionati sono facilmente valutabili quando è presente una tabella nutrizionale, purché sia esposta in maniera corretta. Purtroppo sulle stesse confezioni compaiono stesso anche indicazioni fuorvianti.
L’indicazione delle “calorie per porzione” è uno dei parametri più ingannevoli per valutare il livello calorico reale di un cibo. La “porzione”, infatti, è una misura arbitraria, che cambia da prodotto a prodotto e non permette reali confronti, oltre a non tenere conto di quali siano le quantità realmente consumate.
L’unica misura che abbia una qualche rilevanza è la quantità di calorie per 100 g. Le varie indicazioni “Light”, “Diet”, “Fitness” e simili sono solo trovate pubblicitarie: quello che conta non è certamente la scarsità di un particolare macronutriente (di solito i grassi) ma l’apporto energetico totale.
Fibre e sazietà
Come abbiamo detto, i cibi ricchi di acqua sono anche poveri di calorie; perché questa acqua sia trattenuta, contribuendo alla sensazione di sazietà, è però necessario assumere un adeguato quantitativo di fibre alimentari, contenute in abbondanza in frutta e (soprattutto) verdura. Se è gradito, si può aumentarne la quantità sostituendo il pane bianco con pane integrale.
La presenza di fibre nell’intestino rallenta inoltre l’assorbimento dei nutrienti, lasciandoci sazi per tempi più lunghi.
Porzioni e “contenitori”
La sazietà, oltre che da risposte fisiologiche dell’organismo, dipende anche da meccanismi psicologici involontari. Il nostro cervello considera il cibo suddiviso in “unità” discrete, in alcuni casi indipendenti (come nel caso dei frutti), in altri casi legate al “contenitore” in cui il cibo stesso è riposto quando lo si mangia.
Pertanto (entro certi limiti) un piatto, una scodella o un bicchiere saranno solitamente considerati come una porzione, e si tenderà a consumare tutto il cibo in essi contenuto, purché sia sufficientemente appetibile.
Cosa fare?
Una soluzione (parziale) agli eccessi alimentari potrebbe essere quindi ridurre la dimensione dei contenitori di servizio oppure riempirli per la maggior parte con alimenti a bassa densità calorica, accostati a quantità ridotte di alimenti più energetici ed appetibili. In questo caso si ridurrebbero le calorie assunte senza diminuire il senso di sazietà.
Naturalmente, bisogna tenere conto del bilanciamento tra macronutrienti necessario nella dieta quotidiana, che per una persona sana dovrebbe essere costituito da circa il 50 per cento di carboidrati, 30 per cento di grassi e 20 per cento di proteine.